giovedì 24 dicembre 2009

Current 93 - Soft Black Stars

Current 93 - Soft Black Stars
(1998)



Pochi gruppi possono vantare un produzione sterminata e soprattutto variegata come quella dei C93. David Tibet non vive di rendita, vuole sempre sperimentare, ben conscio del rischio. Fatto sta che è difficile, molto difficile dire che abbia sbagliato anche un solo colpo. Abbiamo assistito a diverse fasi della novantatreesima corrente, un primo periodo molto sperimentale e quasi indigesto (ma al tempo stesso geniale), un neofolk darkeggiante dal sapore gotico, un neofolk più puro e tradizionale fino ad arrivare alle ultime produzioni. Nonostante le diverse sonorità proposte negli anni, David è sempre riuscito ad emozionare, a scatenare visioni oniriche o oscure, ad essere viscerale. Il suo essere un personaggio apparentemente bizzarro, capace di mischiare amore, erotismo, religione e tanto altro rende tutto ancora più strano e apparentemente assurdo.
Con “Soft black stars” siamo di fronte ad un album unico, nel senso che si distacca quasi completamente da tutto ciò che è venuto prima e dopo. Minimalismo è la parola d’ordine. La voce di David e un pianoforte. Nient’altro. All’inizio spiazza molto. Ascolti e non capisci, non c’è né il neofolk “acustico” né il buon vecchio delirante David che strazia microfoni con urla isteriche. Mi ci sono voluti un bel po’ di ascolti per assimilarlo, ma quando l’ho fatto mio non c’è stato più niente da fare. Sono ormai un paio di mesi che lo ascolto quasi quotidianamente e posso tranquillamente dire che si piazza immediatamente dopo l’inarrivabile “All the pretty little horses”. È un album veramente strepitoso, è incredibile come dopo un poco di titubanza riesca a conficcarsi nel cuore e non staccarsi più, senza nemmeno perdere mordente. Come al solito è difficile analizzare traccia per traccia senza perdere qualcosa per strada, ogni pezzo nasce in quello precedente e si riversa nel successivo, personalmente reputo l’apice il trittico “A gothic love song / Soft black stars / Whilst the night rejoices profound and still”, ma non si tratta di fare classifiche. Ogni album dei C93 necessita di essere ascoltato da cima a fondo più volte per coglierne l’essenza, non siamo di fronte a qualcosa di semplice e scomposto ma a un corpo che prende forma e vita solo grazie alla sua completezza e compattezza. Le sonorità, come già detto, sono molto semplici, giri di pianoforte che compongono l’ossatura di base e la voce di Tibet, che intervalla parti cantate ad altre più simili al recitato. Anche qui non facciamoci ingannare dalle apparenze, non si tratta di qualcosa di noioso o di ripetitivo (nel senso negativo del termine). La malinconia, i ricordi e la sensazione di un qualcosa o un qualcuno ormai perduti nel tempo ricorrono nell’immaginario generato dall’album. Tutto è nero, buio, e in questa oscurità non vi è alcuna luce, né lo spazio impercettibile in cui si è immersi vuole dilatarsi per lasciare spazio ad una tinta più chiara. C’è solo il nostro corpo che si lascia andare nel vuoto, trascinato da correnti impercettibili, mentre le stelle che ancora non riusciamo a vedere ci accompagnano sussurrandoci dolcemente.

VOTO: 9

Tracklist:
1. "Judas as Black Moth" – 2:45
2. "Larkspur and Lazarus" – 6:05
3. "Gothic Love Song (For N.)" – 4:06
4. "Mockingbird" – 4:04
5. "Soft Black Stars" – 3:08
6. "It Is Time, Only Time" – 5:06
7. "Antichrist and Barcodes" – 2:26
8. "The Signs in the Stars" – 3:43
9. "Whilst the Night Rejoices Profound and Still" – 4:24
10. "Moonlight, Or Other Dreams, Or Other Fields" – 2:08
11. "Judas as Black Moth II" – 6:17
12. "Chewing on Shadows" – 14:48
13. "Chewing on Shadows (Vinyl Version)" – 12:06 (reissue bonus track)
14. "Chewing on Shadows (Unreleased Acoustic Version)" – 3:08 (reissue bonus track)