venerdì 10 settembre 2010

Francesco Guccini - Radici

Francesco Guccini - Radici
Cantautore
(1972)



Francesco Guccini, uno dei nomi di punta del cantautorato italiano, è stato capace di unire numerose generazioni quanto pochi altri (De Andrè, De Gregori, Battisti). Durante i suoi concerti si può notare una fauna molto eterogenea, a dimostrazione di un notevole carisma e di una capacità compositiva solidissima in grado di coinvolgere un po’ chiunque, senza per questo risultare banale o scadente. Nonostante questo è sempre stato anche un personaggio al centro di alcune critiche, principalmente “politiche”: da una parte chi lo accusa di essere “comunista!!” (da leggersi in tono berlusconian-dispregiativo), dall’altra chi lo accusa di essere un finto compagno troppo moderato. Insomma, a differenza dei sopracitati De Andrè o De Gregori la componente politica in Guccini è sempre stata più evidente. Sinceramente non ne capisco il motivo, reputo molto più “politicizzato” De Andrè ad esempio. Probabilmente i vecchi legami (più o meno solidi) con certi ambienti e gruppi politici hanno lasciato un marchio che ancora oggi non si dissolve. Ma non importa minimamente. Le tematiche principali affrontate da Guccini ruotano attorno alla solitudine, ai rapporti umani, a stati d’animo malinconici e via dicendo. È appunto la malinconia a caratterizzare la sua produzione, amplificata da un timbro grave e ruvido, che si discosta dalla maggior parte delle voci del panorama italiano (ma non solo), tendenzialmente più alte e melodiose. Anche questa caratteristica è stata spesso soggetta a critiche, sostanzialmente la sua voce non è abbastanza armoniosa e quindi poco adatta al canto. Ma a quanto pare lui non è d’accordo. E nemmeno io, anche perché la tecnica c’è e si sente pure dal vivo (vorrei vedere altri settantenni riuscire a reggere due ore di concerto come è ancora in grado di fare lui).
Passando all’album in questione, ritengo Radici una pietra miliare, uno degli album più belli mai prodotti nella storia della musica e, per quanto riguarda la musica italiana, siede di fianco ad un altro classico dei classici, “Tutti morimmo a stento”, del grande Faber. Radici è un tuffo nel passato, i ricordi del cantautore ci scorrono davanti agli occhi e veniamo coinvolti in prima persona in una storia che riusciamo a sentire nostra. È condivisione emotiva di frammenti di vita, un microcosmo che può essere comune a tutti senza che venga persa la necessaria soggettività. Ognuno a modo suo è in grado di perdersi nei meandri della memoria, rievocando tempi perduti. È ovviamente la malinconia a caratterizzare ogni pezzo dell’album, come una patina brumosa che appanna le immagini evocate. “Radici” ci introduce in questo mondo di ricordi, visioni quasi bucoliche di un ambiente famigliare abbandonato da tempo, il ricongiungimento con il nostro passato. “La locomotiva” è probabilmente il classico per eccellenza di Guccini, recentemente eletta come miglior canzone popolare italiana, descrive il folle gesto del macchinista Pietro Rigosi, anarchico, che nel 1893 si diresse a tutta velocità verso la stazione di Bologna. Gesto che ovviamente viene attualizzato nel clima politico dei primi anni ’70: la lotta che dilaga, le illusioni di giustizia, i sogni di rivalsa. Capolavoro indescrivibile, un pezzo al di fuori del tempo, che ancora oggi fa venire la pelle d’oca. “Piccola Città” è il ricordo di alcuni mesi d’infanzia trascorsi a Modena, si intrecciano rabbia e nostalgia, è il pezzo che maggiormente rappresenta il legame con un luogo abbandonato da anni. Altro classico, è un sublime affresco di un tempo perduto, quando ancora giovani e spensierati si sognavano “gli eroi, le armi e la bilia”. Segue “Incontro”, un amore rievocato dopo anni e anni; nonostante questo, pur essendo praticamente l’unico pezzo “d’amore” dell’album è il meno malinconico, anzi, si direbbe quasi che spunti dell’ironia nei confronti del tempo andato, della giovinezza sfiorita. “La Canzone dei Dodici Mesi”, come da titolo, è lo scorrere del tempo per eccellenza, uno stupendo calendario caratterizzato da un triste giro di chitarra; qui Guccini sfoggia la sua grande cultura, citando una serie di poeti in maniera più o meno velata. Il ritornello è la quintessenza dell’album: “O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia / diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale, la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare…”. Arrivando a “La Canzone della Bambina Portoghese” i sapori si fanno agrodolci, è invocata l’immagine dell’oceano, che si staglia all’orizzonte e incornicia la “bambina portoghese”. Tutto sembra immenso e incomprensibile, il clima surreale è amplificato dalla sensazione di un caldo asfissiante che assopisce, trasportando l’ascoltatore nel mondo onirico. Si conclude con una serie di domande senza risposta sulla natura controversa e contraddittoria dell’uomo. “E poi, e poi / che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere / ma il qualcosa che ti porti dentro / cioè vivere, vivere e poi, poi vivere e poi, poi vivere...”. L’album si conclude con l’ennesimo capolavoro, un altro classico costantemente riproposto in sede live negli anni, “Il vecchio e il bambino”. Due estremi a confronto, l’infanzia innocente e incosciente e la vecchiaia, che incarna simbolicamente la saggezza e l’esperienza, in un vortice di ricordi non sempre nitidi e a volte esagerati. Il vecchio porta il bambino su una pianura desolata e grigia e gli racconta con le lacrime agli occhi di come era una volta, verde e rigogliosa. È evidente la critica nei confronti dell’eccessiva urbanizzazione ed industrializzazione, che distrugge il territorio cementificando ed inquinando in ogni dove. È l’incontro tra due generazioni figlie di epoche lontane tra loro, ognuno porta con se ricordi differenti che tramanderà, sempre con un senso di malinconia e di perdita irrimediabile, tempi irripetibili che vivono solo nel cuore e nella mente.
Un grandissimo album che non sbiadisce mai negli anni, intenso dalla prima all'ultima nota.

"con l' anima assente, con gli occhi bagnati, seguiva il ricordo di miti passati..."

Tracklist:
1.Radici
2.La locomotiva
3.Piccola città
4.Incontro
5.Canzone dei dodici mesi
6.Canzone della bambina portoghese
7.Il vecchio e il bambino

Nessun commento:

Posta un commento