mercoledì 5 gennaio 2011

Death in June - All pigs must die

Death in June - All pigs must die
Neofolk / Industrial / Noise
(2001)



A detta di molti l'inizio della fine per Douglas Pearce, il canto del cigno per l'enigmatico padrino del neofolk. Pubblicato nel 2001, All Pigs Must Die prosegue la collaborazione con Boyd Rice iniziata nei primi anni novanta (e terminata nel 2004 con “Alarm Agents”), che contamina diverse tracce con il suo tocco industrial cacofonico e funereo. La struttura dell'album, almeno per la prima parte, è molto simile a quella del periodo d'oro tra “Brown Book” e “Rose Clouds of Holocaust”, costruita sul binomio chitarra acustica/voce con qualche contorno a incorniciare il tutto. Andreas Ritter è uno degli ospiti dell'album, questa volta alle prese con l'accordéon, uno strumento francese molto simile alla fisarmonica che ci accompagna per alcune canzoni. Mischiandosi all'acustica, che a differenza del passato si presenta con un tocco molto più deciso, ritmato e riverberante, crea un tessuto sonoro molto marcato, sul quale la voce di Pearce si adagia alla perfezione. Rispetto ai lavori dei primi anni novanta, probabilmente a causa dell'influenza di Rice, la Morte in Giugno ha guadagnato una maggiore aggressività che si distacca molto dalle sonorità introspettive e delicate di vent'anni or sono. Fino alla sesta traccia (“Flies have their house”) ci troviamo quindi di fronte a un classico neofolk-sound, segnato da un incipit quasi scanzonato (“All pigs must die”) ma comunque efficace, per poi passare a momenti più paranoici (“Tick Tock” e “We said destroy II”) ed altri decisamente malinconici (“Disappear in every way” e “The enemy within”). È proprio questa prima parte la migliore dell'album, che vanta alcuni pezzi molto validi (la title-track e “The enemy within”) degni del miglior Pearce. Quando il nostro, assieme al fidato Ritter (e senza dimenticare il fedele trombettista Campbell Finley), punta su melodie più malinconiche dalle tinte grigiastre e decadenti, riesce a dare il meglio di sé. Da “With bad blood” è Rice che, dopo aver fatto capolino in “Tick Tock” e “Flies have their house”, prende in mano le redini fino alla conclusione dell'album. La seconda parte stride con quella precedente ed esplode in soluzioni sonore cacofoniche e deliranti, proseguendo con un distorto industrial/noise dai toni psicotici e sanguinari. Tra urla filtrate, grugniti di maiali dilaniati, sussurri e riverberi metallici l'album scorre fino alla fine lasciando un po' il tempo che trova. A parte la discreta “With bad blood” l'estremismo sonoro di Rice tende a stancare presto, riuscendo comunque a mantenere una costante atmosfera claustrofobica e angosciante. Da una parte abbiamo quindi il vecchio Pearce che ancora ci diletta con soluzioni di vecchio stampo, seppure sfruttando una nuova ironia e una proposta sonora rivisitata, dall'altra Boyd Rice che, sempre fedele al NON-sound, fa sanguinare le orecchie dell'ascoltatore col suo terrorismo sonoro intransigente. In definitiva un discreto album a due facce, comunque consigliato piuttosto che sorbirsi la solita band-clone monocorde.

VOTO: 7

Tracklist:
1. All pigs must die
2. Tick Tock
3. Disappear in every way
4. The enemy within
5. We said destroy II
6. Flies have their house
7. With bad blood
8. No pig day (some night we're going to party like it's 1969)
9. We said destroy III
10. Lords of the sties
11. Ride out!

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