martedì 4 gennaio 2011

Rome - Berlin

Rome - Berlin
Apocalyptic Folk / Martial / Retrò
(2006)



Quando si dice un piccolo gioiello mai il paragone potrebbe essere azzeccato come in questo caso. Berlin è stato il debutto dei Rome, ormai diventati uno dei gruppi più importanti della scena neofolk, sommersa da quasi cinque anni a questa parte da una release dietro l'altra. Si parla di neofolk ma il termine calza stretto, le sonorità proposte spaziano dall'apocalyptic al martial industrial, il tutto contaminato da una componente dark e retrò che è andata un po' scemando negli ultimi album. Questo mini e il primo full-lenght “Nera” sono inoltre caratterizzati da una forte venatura classicheggiante, che li ha resi a mio parere decisamente più interessanti delle successive produzioni.
Berlin è una tormentata storia d'amore vissuta in una città in rovina, è il desiderio capace di scuotere gli amanti dalla desolazione che li circonda. Berlin è il simbolo di un'epoca decadente, è il racconto di cameratismi traditi. Berlin è iprite che soffoca interi popoli, è zyklon B che si propaga per tutta l'Europa. Berlin è una stupenda stele marmorea che abbaglia ogni atrocità. Questo è quello che vedo nei soli venti minuti dell'album, un affresco malinconico e a tratti brutale, ma raffinato, di un tetro periodo storico contrastato dalla vitalità e dalle passioni di uomini qualunque.
“Like Lovers” ci accompagna indietro nel tempo con ritmi marziali e il sentore di un bombardamento incombente. La guerra totale si avvicina, presagi di stermini e violenze sono alle porte. Si sussurra, non si parla più, mentre loro possono urlare e marciare impettiti, impartendo ordini. Un suono flebile e sempre più smorzato introduce “The Orchards” e mai il dolore e la disperazione sono stati così sublimi. Mentre rimbombano lontane le campionature distorte di grida e sussurri, l'incedere marziale e lo stupendo giro di chitarra incorniciano la profonda voce di Jerome. Crepuscoli estivi, frutteti, scritte nere su muri bagnati, il torpore del sangue; visioni viscerali e drammatiche scatenate una dietro l'altra accrescono il sentore di tragedia, che ci pervade completamente. “Un Autre Vision” ci riporta alle sonorità marziali accennate all'inizio, che esplodono nei rabbiosi ordini militari ripetuti fino alla fine della traccia, spazzando via il limpido tessuto sonoro costruito sullo sfondo. “Clocks” e “Wake” estremizzano la componente cacofonica, oscurando del tutto ogni bagliore di speranza; la tragedia si consuma, senza gloria né onore. Chiude “Herbstzeitlose”, le lacrime si cristallizzano sulle note di un pianoforte, che ridondante e lento riepiloga l'orrore appena attraversato e che sempre si ripresenterà. Disperazione, tradimento e guerra mai si potranno abbandonare, cinici e fedeli compagni di viaggio che accompagneranno l'uomo nelle ceneri dei secoli.
Un piccolo capolavoro in bianco e nero, folgorante e ammaliante.

In the blue dawns of summer black writing on wet walls
Let us float in a stupor of blood...


VOTO: 8+

Tracklist:
1. Like Lovers
2. The Orchards
3. Un Autre Vision
4. Clocks
5. Wake
6. Hebstzeitlose

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