lunedì 15 novembre 2010

Michael Swanwick - Cuore d'acciaio

Michael Swanwick - Cuore d'acciaio
Fantasy / New Weird
(1993)



ROZZI CIBERNETICI SIGNORI DEGLI ANELLI
Un romanzo decisamente atipico questo "Cuore d'Acciaio" ("The iron dragon's daughter"). Padrino del New Weird, è da molti considerato il primo vero e proprio romanzo del genere. Michael Swanwick reinterpreta la fantasy decontestualizzandola dalla solita ambientazione medievale, creando un mondo variegato decisamente più vicino alla nostra epoca. Dalle città congestionate alle periferie industrializzate, passando alla spietata e verticistica struttura sociale fino ad arrivare alle tecnologie moderno-futuristiche di chiara contaminazione fantascientifica Swanwick ci immerge in un mondo verosimile ma allo stesso tempo incredibile. Una realtà parallela condita con elementi bizzarri a più non posso; uno sterminato numero di razze che popolano il mondo di Faerie, strutture architettoniche assurde (un lugubre medievale che incontra il moderno), magia che si mescola alla scienza, all'alchimia, all'esoterismo. La storia è quella di Jane, bambina umana rapita e costretta a lavorare nelle fabbriche dei draghi ad alta energia. Qui il suo destino si unirà a quello di Melanchthon, drago da guerra malridotto e divorato da un famelico desiderio di vendetta e distruzione.

IL MONDO DI SWANWICK
La prima cosa che balza all'occhio è la vastezza incredibile dell'ambientazione. I primi capitoli ci introducono nelle già citate fabbriche dove vengono assemblati i draghi da guerra. L'atmosfera è quella industriale tardo-ottocentesca; bambini schiavizzati ridotti a lavorare senza sosta in mezzo allo sporco e alle colate roventi di acciaio fuso, sgrassando enormi pistoni o trasportando avanti e indietro taglienti lamiere arrugginite. É ovvio che l'intento dell'autore è quello di creare una certa verosimiglianza con il nostro mondo, anticipando la spietatezza di questa strana società. Un mondo a tutti gli effetti brutalmente capitalista, che sfrutta il pugno di ferro (senza bisogno di nascondere il manganello) per mantenere stabili le gerarchie. Gli elfi sono padroni assoluti e la giustizia è una barzelletta, ogni loro capriccio può trasformarsi in sentenza di morte. Quando Jane riuscirà ad evadere dalla fabbrica si sposterà prima in una cittadina abbastanza provinciale, poi in una città universitaria ed infine negli ambienti agiati dell'alta società. Di pari passo con la crescita della protagonista assistiamo anche all'ascesa sociale, che la rende sempre più cinica. L'ambiente cittadino alterna località squallide e sporche con centri commerciali, negozietti d'artigianato, mercati, grattacieli, ponti sospesi e via dicendo. È veramente splendida l'idea dell'autore di abbandonare il solito, noioso mondo medievale e fiabesco in favore di una realtà corrotta fino al midollo. Il problema della classica ambientazione fantasy non è tanto in sé, quanto piuttosto nell'abuso che ne è stato fatto negli anni, tale da rendere insopportabile ogni storiella melliflua priva di mordente e dove ogni tono realistico va a farsi benedire. I guerrieri della luce contro i signori delle tenebre, dove il male e il bene sono caratteristiche congenite che non lasciano spazio alla minima riflessione morale né ad una potenziale evoluzione dei personaggi. Leggere sempre di guerre terribili dove non viene mai versata una goccia di sangue né amputato un arto, di malvagi nemici caricature del Dottor Male o di infinite descrizioni di roccheforti inespugnabili sullo sfondo di foreste fatate mi dà ormai la nausea. Swanwick ribalta tutto nel vero senso della parola, senza mezzi termini. Passiamo da un estremo all'altro, il suo mondo è di natura volto alla corruzione, al peccato, alla violenza, al sadismo, all'autodistruzione. A volte i passaggi sono così eccessivi da sembrare un po' forzati, ma comunque coerenti. Ossessivo anche l'attaccamento alla sfera sessuale, chiave di volta del romanzo, Jane scopre sé stessa e gli artifici alchemici sfruttando il coito.
Altro elemento caratteristico è la commistione di magia e tecnologia; Swanwick è egregio nelle descrizioni tecnico-scientifiche, dimostrando un'ottima padronanza dell'argomento. La componente magica è sostanzialmente sfruttata da Jane nel campo alchemico, nel quale si specializza durante gli studi universitari. Gli altri personaggi hanno invece doti magiche intrinseche nella loro natura. Ritroviamo qui ogni razza: nani, elfi, troll, orchi, fate, mutanti, lamie, grifoni e chi più ne ha più ne metta.
Un'ambientazione unica che permette ogni tipo di varietà, senza annoiare il lettore con noiosi scontri a senso unico tra razza buona vs razza cattiva nella terra degli gnomi di meringa.

I QUATTRO FOTTIMENTI: FOTTUTO PER FINITO, FOTTUTO PER INCULATO, FOTTUTO PER FREGATO E FOTTUTO E BASTA
È una battuta di Senecio, un bifolco cavallo meccanico. Quando l'ho letta sono scoppiato a ridere, e non mi succede spesso. Si tratta di un ottimo uso dello scurrile, che se sfruttato nelle giuste dosi e calibrato correttamente suscita un gran divertimento senza risultare banale o infantile (mi è addirittura sembrata una sparata degna del miglior Bukowski). Parlando dell'estremismo di Swanwick, ho notato leggendo qua e là on-line che ha dato non poco fastidio ad alcuni lettori. Sono d'accordo che qualche volta l'autore abbia calcato troppo la mano, ma in generale la volgarità utilizzata ben si adatta al contesto. I giovani sono sempre più o meno sboccati, stesso dicasi per le creature dei ceti medio-bassi, senza contare che il mondo di Faerie è di natura molto eccessivo. Mi sembra piuttosto ovvio che queste caratteristiche si debbano manifestare anche nel linguaggio. È più realistico che un troll rozzo ed ignorante dica “Sciocchi ragazzini, tornate al lavoro!” o “Avanti piccoli bastardi, muovete quelle braccia rachitiche!” ? Ovvio, nella fantasy diabetica non è nemmeno pensabile utilizzare un linguaggio del genere, ma contestualizzandolo in una fabbrica Swanwickiana è azzeccatissimo. Discorso diverso per gli elfi, la cui natura aristocratica è riflessa nella loro raffinatezza, ma non mancano i momenti più volgari che denotano una mancanza di gusto e spesso anche di importanza sociale del personaggio descritto.
L'atmosfera del romanzo è perennemente cinica, la morte ingloriosa una costante, tra suicidi ed overdosi lo squallore prende il sopravvento. Non c'è il benché minimo alone di speranza, arrivismo ed egoismo sono sempre al primo posto. È in questo clima che Jane forgia il suo carattere, inevitabilmente spinto all'estremo da un mondo che la ucciderebbe se non reagisse con la stessa spietatezza. Forse nel corso del romanzo l'evoluzione morale della protagonista è troppo unilaterale, anche se emerge in alcuni frammenti, soprattutto verso il finale, un sentimento positivo covato nel tempo ma che purtroppo non si manifesta se non quando ogni speranza è perduta.
La componente sadica si rivela in diverse circostanze, specialmente legate alla razza elfica. Detentori del potere, lo sfruttano nella sua forma più cruda e umiliante, con una noncuranza agghiacciante, dilettandosi in ogni atrocità. Ad esempio, mentre viene descritto un locale alla moda:

“Dietro al bar c'era un'enorme vasca di vetro, illuminata da una forte luce al neon, mentre il resto del locale era immerso in rosso e porpora. Nella vasca un cavallo stava annegando. Le zampe si sollevavano in nubi di bolle. Aveva gli occhi invasati e iniettati di sangue, allungava il collo per sollevare agonizzanti narici alla superficie agitata. Era uno spettacolo straziante. La musica era lenta e romantica, ma forte abbastanza perché il cavallo lottasse in silenzio.”

Qui il weird si manifesta nella sua vena più angosciante, conferendo un retrogusto agrodolce alla vicenda narrata.

IO SONO LA LANCIA ASSETATA DI SANGUE
Melanchthon è un drago da guerra, una macchina per uccidere e devastare, un sauro di ferro votato alla distruzione. A differenza degli altri draghi pare manifestare una certa individualità: ha un preciso obiettivo follemente nichilista e per portarlo a termine ha bisogno di Jane. Sono i mezzelfi i soli che possono pilotare i draghi; il campo magnetico generato dalla struttura di ferro ed acciaio è cancerogeno per gli elfi. Gli umani possono prendere le redini di un drago senza subire danni, ma vengono sempre sfruttati i mezzelfi perché subiscono un processo di indottrinamento che conduce ad una fedeltà quasi fanatica. I draghi vengono utilizzati per varcare la Porta dei Sogni e rapire donne umane, le quali vengono fatte accoppiare con gli elfi e la cui progenie mezzelfa verrà a sua volta addestrata per pilotare le bestie di ferro. I draghi ad alta energia sono ovviamente fondamentali nelle guerre contro altri regni, di cui però qui non si parla.
La struttura del drago è descritta egregiamente, mettendo in risalto il potenziale bellico. Il pilota entra in una sorta di simbiosi:

“Una telecamera onnicomprensiva si chiuse sugli occhi di Jane. Attraverso il sistema di formazione di immagini virtuali del drago, scrutò in uno spettro più ampio della vista umana, triplicato su nell'infrarosso e prosperante nella profondità dell'ultravioletto. I piazzali erano intricate linee di energia arancione e argento, i muri di mattoni dell'edificio reparti erano scogliere di quarzo purpureo. In alto le stelle erano puntini rossi, arancioni, verdi.
Poi cadde, senza trauma alcuno, nei ricordi del drago, e si trovò a volare a bassa quota su Lyonesse su una colatura di napalm. Nubi rosa sbocciavano nella sua scia, gonfiandosi sopra le verdi foreste pluviali. Sentì il brivido dell'accelerazione ipersonica, il flusso laminare dell'aria sulla superficie delle ali quando eseguì una stretta vite per evitare il fuoco di una piazzola antidrago. Le rotte aeree brulicavano di messaggi audio, urla di rabbia e trionfo da parte dei suoi simili, e dello scambio impassibile delle posizioni dei piloti. Macchie nere apparvero all'orizzonte, uno squadrone nemico decollava rapidamente per incontrarli. Allegramente, Jane si volse ad affrontare la sfida.”


Una descrizione che mette in risalto la superiorità tecnologica dei draghi da guerra e l'euforia dello scontro. I muri come scogliere di quarzo purpuree o le nubi rosa causate dal napalm scatenano una potenza evocativa strabiliante.

PREDESTINAZIONE
Il rapporto tra Jane e Melanchthon, pur essendo molto conflittuale, li condurrà verso lo stesso destino. Nel corso della storia Jane conoscerà alcuni personaggi che si incarneranno successivamente in altre figure per lei fondamentali. C'è un continuo perdersi e ritrovarsi sintomo di una predestinazione dalla quale non si può sfuggire e verso la quale il drago nutre un disprezzo totale; odia l'insensatezza dell'esistenza e vuole porre fine a tutto. Sullo sfondo si annida un senso di impotenza, come se qualcuno (la Dea) giocasse con le vite degli altri; il libero arbitrio è un'illusione. La Dea è la divinità unica e suprema da tutti adorata, che esige tributi di sangue; la Decima è il momento di massimo sacrificio, un periodo di violenze in cui perde la vita il 10% della popolazione.
Il Castello Spirale, luogo oltre il tempo e lo spazio, è un'enorme conchiglia che poggia su un oceano infinito; qui risiede la Dea. Si oltrepassano i limiti del reale, anche per l'immaginazione è difficile concretizzare un non-spazio in un non-tempo; le tre dimensioni a cui siamo abituati si moltiplicano e si intersecano.

DIFETTI
Il romanzo non è esente da difetti, principalmente legati all'intreccio. La storia si dilunga troppo in passaggi non propriamente interessanti, seppur sempre dotati di una buona carica di sense of wonder. Lo scioglimento si fa un po' troppo lento e congestionato, il filo del discorso sembra a volte venire meno e si rischia di perdere nella narrazione alcuni elementi chiave. Ovviamente non sto dicendo che sia scritto male, manca solo di una certa fluidità che l'avrebbe reso molto più scorrevole. Di fatto lo stile di Swanwick non è semplicissimo, in quanto condito da numerose spiegazioni tecnico-scientifiche, rimandi filosofici e descrizioni calcolate. Ma questo non è un difetto, anzi, siamo di fronte ad ottime capacità narrative.
Avrei anche preferito una maggiore centralità del drago Melanchthon; resta pur sempre il co-protagonista, ma si tratta di un protagonismo sostanzialmente limitato all'inizio e alla fine del romanzo. C'è però da dire che questa mancanza accentua maggiormente i momenti di presenza, rendendoli ancora più emozionanti e al fulmicotone.
Infine non ho apprezzato molto il finale, un po' troppo semplicistico e spento, seppur in tinta con il grigiore che permea l'intero romanzo.

In definitiva ritengo “Cuore d'acciaio” un libro decisamente consigliato, che avrebbe potuto essere un vero e proprio capolavoro se avesse goduto di un pizzico di azione e di scorrevolezza in più; ma è comunque un romanzo molto valido e originale, lontano anni luce dagli stilemi stantii della solita “fantasy” cialtrona. Reperitelo come potete (visto che è fuori catalogo da 15 anni), anche se non vi piacerà particolarmente vi colpirà per qualcosa. Weird allo stato brado.

VOTO: 7,5

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