lunedì 8 novembre 2010

Philip K. Dick - I giocatori di Titano

Philip K. Dick - I giocatori di Titano
Fantascienza
(1963)



“I giocatori di Titano” (1963) è spesso considerato un punto basso nella produzione di Dick, principalmente perché offuscato dal precedente “L’uomo nell’alto castello” (o “La svastica sul sole”, del 1962) e dalle successive quattro opere pubblicate nel 1964 (“Noi marziani”, “I simulacri”, “Follia per sette clan”, “La penultima verità”). Inoltre le caratteristiche che renderanno l’autore celebre ed originale nel panorama fantascientifico, quali la psichedelia o i flebili confini spazio-temporali che non permettono di distinguere la realtà dall’allucinazione, sono ancora abbozzate. I deliri psicotici a cui il lettore dickiano si è abituato leggendo altre opere qui non risaltano particolarmente, pur essendo alla base della narrazione. Nonostante questo mi sento in dovere di smentire i pareri negativi (o comunque poco entusiasti); ho trovato il romanzo molto scorrevole, scritto con uno stile diretto ed efficace.
“I giocatori di Titano” narra di un futuro non troppo lontano in cui i terrestri, decimati e ridotti all’impotenza a causa di radiazioni nucleari, si trovano in una fase di pace apparente con i Titaniani. Questi, i vug, amorfe amebe gelatinose e telepatiche, hanno importato sulla terra il gioco del Bluff, un misto tra monopoli e poker, gioco in cui i partecipanti (detti Vincolati) scommettono soldi e proprietà reali. Nel corso della storia i protagonisti si trovano invischiati in una cospirazione che coinvolge frange estremiste titaniane ed esseri umani dotati di capacità telepatiche e di preveggenza. L’intera vicenda convergerà nell’ovvio finale in cui gli esseri umani si contendono il futuro del pianeta contro i giocatori di Titano.

Psichedelia: come già accennato anche in questo romanzo la psichedelia è un elemento fondante. Il protagonista, Peter Garden, soffre di crisi depressive e ricorre di continuo a pillole e pasticche per riprendersi, spesso mischiandole all’alcool. Saranno questi mix, pericolosamente letali, ad offrirgli potenziali chiavi di lettura ai misteriosi avvenimenti. Chiavi di lettura ovviamente distorte, che lasciano sempre un (ampio) margine di dubbio, i confini del reale cedono. Non si tratta di estremismi in stile “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” ed anche il finale è sostanzialmente univoco. Ma i passaggi deliranti di visioni lisergiche, in cui i concetti di spazio e di tempo vengono meno, sono degni del più grande Dick.

Stile: Dick scrive bene, non ci sono dubbi. Non è uno scrittore di fantascienza “classica”, non è alla ricerca del sense of wonder tramite descrizioni meravigliose di pianeti o razze aliene. Dick punta ad altro, vuole rendere terribilmente fantastico il suo mondo visionario terrorizzando e spiazzando il lettore, abbattendo i punti di riferimento e disorientando, stordendo. Ambienta le sue storie sulla Terra, in particolare negli Stati Uniti. Una Terra non molto diversa del nostro presente, fatta qualche eccezione. Per questo non si sofferma sull’ambientazione o sulle tecnologie, ma veicola il racconto verso altri elementi. In un attimo riusciamo ad immergerci in un mondo verosimile, a fianco di personaggi rappresentati efficacemente e coerenti con il comportamento che ci viene delineato nel corso della narrazione. Ne “I giocatori di Titano” c’è tutto questo, fatta eccezione per alcuni personaggi (fondamentali) quali Joe Schilling e Mary Anne che alla fine della storia restano ancora abbastanza enigmatici. Mi aspettavo uno stile più acerbo e invece sono rimasto piacevolmente sorpreso.

Precognizione, telepatia: le capacità di preveggenza e di telepatia di cui sono dotati alcuni personaggi fanno oscillare costantemente l’intreccio. A volte crediamo di avere trovato la soluzione per poi vederla infranta, sostituita da un altro futuro possibile. Queste doti eccezionali contribuiscono a mantenere teso e imprevedibile quello che di fatto è una sorta di giallo in salsa fantascientifica. Non sempre vengono sfruttate al meglio, ma sostanzialmente alimentano l’efficacia narrativa. Senza considerare che vanno a fondersi con l’atmosfera allucinogena di cui si è già detto.

Alieni e giochi: i Titaniani, detti vug, sono alieni telepatici informi, simili ad amebe. I tratti semplicistici ed apparentemente bonaccioni ben si prestano al contesto, quello del gioco. Lo scontro si svolge sul campo di guerra del Bluff, ma non mancano i momenti più violenti in cui l’estremismo titaniano prende il sopravvento. L’importazione del Bluff relega gli esseri umani a uno stato di pace apparente, mentre in realtà il dominio extraterrestre è continuo e costante, ai danni degli esseri umani inermi, troppo presi a giocare. L’unico sensibile, o potenzialmente tale, è il protagonista Peter, tanto che soffre di depressione; alle radici di questa depressione c’è un qualcosa di poco chiaro, che si può riscontrare in un dubbio cosmico sulla realtà delle cose.

Guerra fredda: sullo sfondo emergono le preoccupazioni dell’America degli anni ’60, il terrore nucleare e l’astio verso sovietici e cinesi. I responsabili del disastro nucleare sono infatti i cinesi comunisti... o almeno così si è sempre pensato.

In definitiva si tratta di un buon romanzo, in cui l’intreccio si scioglie bene. Non è il migliore Dick, ma è una lettura godibile da non sottovalutare per i contenuti più "leggeri".

VOTO: 7,5

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