sabato 20 novembre 2010

PTU

PTU
Thriller / Noir
(2003)



Un Johnnie To più minimalista del solito, che ammorbidisce anche il tocco noir per costruire un elegante thriller metropolitano. Girato nei ritagli di tempo tra una commedia e l’altra (impiegando quasi due anni per concluderlo), PTU (Police Tactical Unit) rappresenta un unicum nella filmografia del regista. Tutto si svolge nell’arco di una nottata nei vicoli desolati di Hong Kong: il sergente Lo (il solito Lam Suet) perde la pistola d’ordinanza durante il rocambolesco tentativo di arrestare una giovane gang locale. La PTU, capitanata dal sergente Ho (Simon Yam), giunge sul luogo dell’incidente; per evitare che i superiori vengano a sapere dell’accaduto, Lo chiede l’aiuto di Ho per recuperare la pistola ed evitare di perdere la promozione. Le vicende dei protagonisti si intersecano inconsapevolmente a scontri tra clan rivali.
La sensazione di uno scontro a fuoco imminente o di un improvviso capovolgimento di scena, tipica del To a cui si è abituati, è qui sostituita da una calma e una linearità che non permettono alcuna sfuriata. L’azione lascia spazio ad uno svolgimento molto più intimo ed astratto.
Lam Suet è il solito impacciato, con la testa (s)fasciata e la sigaretta perennemente tra le labbra, rappresenta il soggetto più scapestrato, incapace di farsi rispettare. Nonostante questo tenta sempre di imporre la propria autorità, con conseguenze spesso ridicole e umilianti. Il sergente Ho è invece più austero e rigido, dirige una squadra e non si fa scrupoli ad abusare del proprio potere pur di ottenere gli indizi necessari. Simon Yam si cala perfettamente nella parte, grazie alla sua immagine severa ed un carisma magnetico che ricordano molto il Kitano più impassibile. Abbiamo anche una terza figura poliziesca, l’ispettrice Leigh (Ruby Wong) , incaricata di supervisionare il lavoro degli altri colleghi. Ostenta una rigorosità a volte eccessiva che lascia trasparire una certa insicurezza, dettata probabilmente dalla scarsa esperienza sul campo. Il guscio protettivo si spezza nel finale, mettendo in mostra la fragilità nascosta. I rapporti tra i protagonisti, seppur contagiati da inevitabili rivalità, raggiungono il cameratismo, senza che sfori nelle classiche manifestazioni machiste o in spacconate gratuite.



Altra protagonista è la città, il cui alternarsi di aree illuminate e zone d’ombra crea uno stupendo gioco di contrasti, valorizzato da una splendida fotografia. Le indagini notturne sono incorniciate da una colonna sonora vellutata, caratterizzata da melodici giri di chitarra che accentuano l’atmosfera solitaria della metropoli.
L’intreccio si risolve in un finale convergente, dove pianificazione e coincidenza si mescolano in quella che sarà l’unica scena d’azione, regalandoci la classica sparatoria da western contemporaneo tipica di To.
Una pellicola carica di pathos e dal sapore metafisico.

VOTO: 7,5

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