giovedì 12 agosto 2010

Amici Miei

Amici Miei
Commedia all'italiana
(1975)



Questa è Commedia, la vera commedia italiana. Genuina, nostrana, recitata alla grande, volgare quanto basta e solo quando serve. Capace di divertire grazie allo strabiliante magnetismo dei personaggi, in grado di far riflettere senza cadere nel retorico o nel noioso. Ovviamente siamo di fronte ad un cast d’eccezione: Del Prete, Noiret, Moschin, Celi e l’intramontabile Tognazzi. I cinque amici che a cinquant’anni suonati ancora si divertono come ragazzini. Non credo ci sia bisogno di raccontare la trama o di focalizzarsi sulle scene più esilaranti (chi non ha mai visto la scena del treno, in cui i malcapitati viaggiatori in partenza con la testa fuori dal finestrino vengono schiaffeggiati al volo uno dietro l’altro? Chi non conosce la supercazzola?). Giusto per fare un quadro della situazione, i quattro (il quinto, “il Sassaroli” si aggiungerà durante il film) sono soliti ritrovarsi ogni tanto per le loro “zingarate”, un periodo più o meno lungo in cui staccano la spina e se ne vanno a zonzo burlandosi di tutti quelli che gli capitano a tiro. È “il Perozzi” la voce narrante che ci introduce nella storia, convocando il gruppo perché stanco della solita routine. Uno per volta ogni personaggio viene presentato. Ne risulta una descrizione completa dei protagonisti, con i quali si condivide immediatamente il fare goliardico e la sfrontatezza. Un gruppo unito, nel bene e nel male, che rivendica costantemente l’amicizia, su cui si può sempre contare anche quando non è rimasto più niente a cui attaccarsi. Ma non è solo il valore dell’amicizia ad essere al centro del film, ma anche e soprattutto l’importanza dell’ironia, il suo ruolo fondamentale nella vita. È l’ironia che ci permette di sopravvivere nella quotidianità grigia e monotona che lentamente ci divora e ci condanna all’atavismo. Ed è con l’ironia che si può affrontare ogni situazione, anche la più dolorosa. Nel rapporto tra Perozzi e suo figlio è evidentissimo il contrasto di personalità: il primo allegro e spensierato che prende la vita come viene, il secondo ligio al dovere e perennemente serio, austero. Due mentalità agli antipodi che condannano il povero Perozzi ad essere una nullità e non venire rimpianto nemmeno in punto di morte se non da un pugno di persone, mentre al figlio spetteranno onori per i sacrifici compiuti in nome del dovere e della serietà professionale (e non). Una comicità con retrogusto drammatico, malinconico, in linea con le (dis)illusioni dell’Italia degli anni ’70. Il finale riassume l’essenza del film, momento drammatico che bastona le belle speranze e la spensieratezza ma che viene affrontato con ironia, quella che, citando Enrique Vila-Matas, è “la più alta forma di sincerità”.

VOTO: 8

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