lunedì 16 agosto 2010

Elephant

Elephant
Drammatico
(2003)



Se ne è già parlato in svariate salse del tristemente famoso massacro della Columbine, avvenuto nel 1999. Non che in Italia ne sia giunta un’eco particolarmente rilevante, ma ovviamente in America l’impatto è stato molto più devastante. I due ragazzi responsabili della strage sono stati etichettati come “strani, “diversi”, “asociali” e via dicendo, appassionati di musica estrema, di videogiochi violenti e filo-nazisti. Insomma, il solito classico, adolescenti che compiono gesti estremi e che di conseguenza sono deviati. I motivi sono da ricercare non nei limitati o inesistenti rapporti umani e nel grigiore quotidiano ma in gruppi musicali depravati, videogiochi sanguinari e chi più ne ha più ne metta, la solita sfilza di luoghi comuni in grado di terrorizzare il cittadino medio. In Italia abbiamo avuto un caso analogo ma meno cruento, quello delle “Bestie di Satana”: ragazzi(ni) indemoniati che organizzavano riti in onore del Signore delle Tenebre, fino a quando non ci scappa il morto. Anzi, più di uno si scoprirà in seguito. A dirla tutta in seguito si scopriranno anche i retroscena della vita quotidiana delle bestie; famiglie praticamente inesistenti, problemi psichici, abuso di droghe. Ma è più comodo incolpare il black metal e il satanismo, figuriamoci in uno stato come quello italiano, bigotto all’inverosimile, cristiano-cattolico e nemico del diverso, imborghesito fino al midollo. Pseudo-tradizionalismo cialtrone e culturame che si incontrano in un unico calderone, forse la peggior cosa che si possa trovare in circolazione.
Il titolo del film allude ad un modo di dire, avere un elefante nella stanza, cioè un problema enorme e davanti agli occhi di tutti ma di cui nessuno vuol parlare. Van Sant cerca appunto di ricostruire i motivi reali scatenanti la strage, purtroppo girandoci troppo intorno senza colpire duro. I due carnefici sono delineati in maniera un po’ imprecisa e frettolosa (uno dei due tra l’altro entra in scena solo nel finale). Le cause vengono individuate, come già detto, in problemi concreti e quotidiani: famiglia assente, professori incapaci di contatto con gli alunni, bullismo. Di pari passo ci vengono presentati anche gli altri motivi, quelli condannati e che in realtà sono solo una facciata, come i videogiochi o la “passione” per il nazismo (che qui non è altro che un documentario visto per puro caso dai due). Anche gli altri personaggi del film sono introdotti uno alla volta e per alcuni viene delineata una situazione più o meno infelice: padre alcolizzato, anoressia, emarginazione. Pure stavolta il tentativo di inserire una serie di problemi del mondo adolescenziale è eccessivamente rapido e purtroppo si rivela grossolano e sbrigativo. A risollevare il tutto contribuisce un ottimo stile, molto cupo, a momenti quasi amatoriale. Particolare l’uso costante della focalizzazione, i personaggi vengono spesso ripresi (solitamente di spalle) mettendo fuori fuoco tutto ciò che li circonda, creando un senso di isolamento e di incomunicabilità costanti. Tutto si svolge nel giro di circa un’ora o poco più, durante la quale i numerosi protagonisti subentrano man mano; il tempo continua a tornare indietro di una manciata di minuti descrivendo brevemente i ragazzi, per poi ritornare a pochi minuti prima della strage. Ininterrottamente indietro e avanti accumulando frammenti di vita. Ad inizio film, così come a metà e alla fine, viene ripreso per alcuni minuti un cielo verdastro, in procinto di oscurarsi. La tempesta viene annunciata, generando un’atmosfera tetramente premonitrice che si scatena nel finale. Molto buona anche la recitazione, nonostante la giovane età degli attori.
In sostanza siamo di fronte ad un titolo troppo pretenzioso e con grosse lacune nei contenuti, ma comunque ben realizzato e discretamente interessante.

VOTO: 7-

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